E. Glissant, martinicano: Autore che ho scelto per la mia tesi di laurea.
Glissant sosteneva che all'interno della lingua si delineano i veri linguaggi, dai quali possiamo scorgere disegnarsi la nostra identità, cioè quella di ognuno di noi.
Bhè...direi che è tutto piuttosto chiaro: la comunicazione rispecchia l'identità degli interlocutori.
Le loro identità entrano in relazione con il trasporto di tutte le esperienze, delle emozioni, dei pensieri, delle differenti caratteristiche.
Relazionarsi e comunicare sono una delle cose più difficili.
Bisogna essere abili osservatori per capire chi si ha di fronte, sicuri di se stessi per potersi esporre nell'incontro, disponibili verso l'altro per accettarlo nella diversità, caparbi nel fare tesoro delle esperienze ed onesti nell'espressione della propria emotività.
IL LINGUAGGIO
..alors sous la langue ainsi allouée vous devinez de vrais langages, qui se sont
amadoués entre eux.244
Una delle principali preoccupazioni di Glissant è di riuscire a rendere sul piano
linguistico la nozione di creolizzazione, fondamentale nella definizione della nuova
identità, come emerge nei suoi saggi e durante tutte le sue opere
La definizione linguistica del termine viene applicata da Glissant alla poetica della
Relazione per indicare il modo secondo il quale le culture dovrebbero amalgamarsi.
Come egli sostiene attraverso l’espressione linguistica della miscellanea di cui il
mondo poetico si colora, l’autore rinnovato nella sua identità, descrive la vera
relazione tramite l'errance.
Già nel Le Discours antillais distingue tra lingua e linguaggio, dove questo è una serie strutturata e cosciente che accosta le parole: il modo.
La lingua è l’utilizzo che ogni
locutore fa delle parole.
Nel caso specifico delle Antille, il linguaggio diventa la manifestazione del rapporto
istituito tra lingua imposta, ad ogni isola, e la consapevolezza di appartenere tutte ad
uno stesso arcipelago.
La perdita della lingua madre, a causa dell’imposizione di un’altra, segna l’inizio
della prima fase che determina l’alienazione culturale con il conseguente
impoverimento della coscienza della propria identità.
Lo scrittore è il primo ad avvertire la frantumazione della propria individualità, in
quanto scrivere in una lingua diversa dalla propria significa acquisire una nuova
percezione del mondo, vedere e pensare le cose in modo completamente diverso
rispetto alla cultura di origine, diventa appunto una trasmutazione dell’identità.
Glissant risente dell’esigenza di trovare una forma espressiva adatta a rappresentare
la sua realtà, dove il significato di realismo, tanto inseguito dalla precedente tradizione
romanzesca, è adattato alla situazione martinicana.
Non è più l’amalgamarsi di finzione letteraria al mondo quotidiano, ma la materia
narrata vuole creare il modo di raccontare a propria immagine, contribuendo alla
nascita di un nuovo linguaggio capace di rappresentarle.
La scrittura deve sganciarsi dalla società colonizzatrice e rispecchiare l’identità
dell’autore.
La letteratura antillana è consapevole di questo incarico e Glissant è il primo autore
ad affermare che per riconoscere la propria identità, distinta da quella
francese, bisogna creaolizzare la scrittura.
Scrivere, non è soltanto un'alternativa al parlare.
Ma è dover parlare in un modo diverso.
Per questo, Glissant recupera il parlare creolo attraverso la lingua francese per costruire nel
romanzo un nuovo ordine umano.
L’identità nuova emerge dal recupero dell’oralità del passato creolo, nella quale il
narratore è il mediatore della realtà descritta non solo come appare, ma anche per
come si vorrebbe che fosse.
La tradizione dei racconti orali nasce la notte nell’ambiente delle piantagioni ed il
narratore riassume in se tutte le voci degli schiavi e delle loro memorie.
Glissant intende recuperare il bagaglio culturale tramandato dal narratore, che doveva
mantenere una certa ambiguità del linguaggio per sfuggire durante, i suoi
racconti, all’attenzione del colono.
Il conteur narrava delle storie che erano una metafora della realtà vissuta dagli schiavi
e per questo, la sua parola non risulta sempre trasparente.
Perché il suo
scopo era di nascondersi all’attenzione del "padrone bianco",
che non doveva rendersi conto di quello che si comunicavano veramente.
Come poter rendere dunque la letteratura contemporanea davanti a queste origini?
Non si tratta di una semplice questione di trasposizione del messaggio orale, la
letteratura non è una forma meccanica di trascrizione del bagaglio culturale
orale, gelosamente custodito nella memoria degli anziani, alla forma scritta.
Si parla spesso di passaggio da una cultura di tipo orale ad una scritta, quando
sarebbe più conveniente riconoscere la trasformazione dell’oralità ad esigenze
scritturali, che rendono indispensabili l’adattamento della pratica orale ad una lingua
scritta e la capacità di scrivere.
Si supera la distinzione tra scritto ed orale, creando un continuum tra loro, perché la
metamorfosi accompagna la forma orale verso quella scritta.
L’analogia tra le due risiede nel fatto che l’una è il rovescio dell’altra.
Il vocabolario usato da Glissant tenta di rendersi autonomo rispetto alla lingua
francese ed utilizza delle serie lessicali che non sono inventariate nei
dizionari, risultando alle volte difficoltoso proprio per rappresentare le influenze della
sua seconda lingua e per sottolineare la ricchezza della lingua orale.
La struttura mostra delle influenze che derivano dall'oralità, il testo risulta alle volte difficoltoso volontariamente per
rendere la sensazione dell’influenza creola nella scrittura e sottolinerarne la ricchezza
espressiva.
Glissant elabora un vasto laboratorio delle componenti possibili della lingua sfruttata
in tutte le varianti, i cui limiti sono dettati solamente dalla comprensibilità dei testi.
Costruisce una letteratura impregnata della sua collettività ed animata dalla dialettica
di lingua/cultura/identità, per rendere l’ambiguità della situazione nella quale si trova
inserito, costituita dalla multi culturalità etniche tipica delle zone raggiunte dalla
colonizzazione.
Questa esigenza lo spinge a ricorrere a diversi artifici, come l’integrazione di parole
straniere, la creazione lessicale e la traduzione simultanea, espressioni tipiche creole, indicano che il testo è stato scritto per qualcuno che non è
creolofono.
Un uso particolare del linguaggio di questi romanzi che, se pur in lingua francese,
manifestano la natura francofona di Glissant, nella creazione di una parola che
trascende i propri limiti entrando in relazione con tutti gli altri linguaggi partecipi
della sua cultura.
Dimostrazione della completa fedeltà all’idea di una identità-relazione, assiduamente
sostenuta durante tutte le sue creazioni, Glissant unisce la sapienza della tradizione
francese a una giocosa creolizzazione della sintassi, dando vita a una lingua nuova
che non è ne puro francese, ne tanto meno creolo.
La volontà di esprimere la propria identità attraverso la scrittura emerge già da La
Lézarde anche se l’ attenzione è circoscritta alla ricerca storica delle proprie radici e
della propria memoria in quanto popolo e dove il linguaggio ha il sapore di un
francese più “scolastico”, perché tecnicamente curato nel dettaglio formale.
L’articolazione laboriosa dell’ espressione appare quasi troppo meccanica, tuttavia
riesce ad esprimere l’intenzione da parte di Glissant di riconquistare la parola
dell’oralità del passato.
Recupera, attraverso un lirismo barocco, immagini e simboli che lo slegano da ogni
folklorismo o pindarismo che tanto caratterizza i romanzi della letteratura del meraviglioso, intesa come le descrizioni paradisiache che emergono dallo stile
narrativo di stampo più occidentale.
Infatti, l’espressività barocca è quella che nel modo migliore rende luce alla poetica
della Relazione, la quale si compone di tutti gli elementi, nell’accettazione dell’uno e
del suo contrario, senza limitazioni esprime (…)la démesure du Tout-monde.
Il nuovo linguaggio deve essere in grado di trasporre in letteratura il nuovo punto di
vista della creolizzazione, nata dalla teoria dell’identità-relazione, perché per Glissant
la scrittura è il segno dell’unicità di un popolo.
Quindi estetica e linguaggio devono soddisfare le esigenze di un ambiente e rendere
tutto il materiale partecipe della creolizzazione, formando nella scrittura una sorta di
simbiosi ontologica dove tutte le lingue si congiungono senza per questo annullarsi
l’una nell’altra.
L’estetica si trasforma sotto la guida di Glissant, da un sistema rigido di canoni di
stampo occidentale, ad uno più liberato ed adatto ad esprimere i multiformi aspetti
della realtà creola.
Il compito dello scrittore è di parlare e di scrivere "in presenza di tutte le lingue del mondo" anche se conosce solo la propria.
Così come il traduttore, che inventa un linguaggio necessario per trasportare il testo da una lingua all'altra, anche il poeta ne inventa uno nella sua propria lingua.
E tu che tesi di laurea hai fatto?
Raccontami la tua esperienza.
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