Secondo Goleman esistono
due tipi di memoria: una legata alla razionalità e l'altra connessa
alla sfera emotiva.
Di facile comprensione
risulta il primo tipo, perchè è piuttosto intuitivo comprendere che
ogni essere vivente è in grado di ricordare un avvenimento, un modo
di fare, l'associazione di stimoli, alcune persone, certi luoghi
vissuti o altri individui che non siano della stessa specie, oppure
oggetti sia gradevoli che non e così via.
Ma che dire della memoria
emotiva?
Quest' ultima è
nettamente superiore alla sua consorella in spessore e portata, anche
se succede che non sempre ne abbiamo coscienza e consapevolezza a
livello razionale.
In altre parole significa
che può capitarci che la nostra sfera logico/razionale non si trovi
in accordo quella emotiva.
Quante volte ricordiamo
esattamente una sensazione vissuta in un determinato contesto senza
però riuscire a descriverlo nei dettagli?
Quante volte ricordiamo
esattamente una persona per il male che ci ha inferto senza
ricordarne le parole o anche i fatti avvenuti?
Le emozioni che proviamo
in un qualsiasi istante della nostra vita lasciano un segno più o
meno profondo a seconda dell'intensità con cui vengono avvertite.
Così nei cani abbiamo il
trauma dell'abbandono, oppure l'ansia nel restare da soli o ancora la
paura di certi rumori.
Ad alcuni succede che
quando ci accingiamo a prepararci per andare al lavoro il cane inizi
subito ad ansimare, questa è la classica manifestazione di un'ansia
emotiva.
Ma capita anche di
vederli illuminarsi nello sguardo quando sortiamo davanti a loro un
determinato oggetto, perchè è associato alla piacevoleza di un
momento vissuto insieme.
Li vediamo festosi e
scodinzolanti, quasi tutti, quando prendiamo il guinzaglio in mano,
perchè questo oggetto anticipa emotivamente un momento piacevole che
arriverà a breve: la passeggiata insieme.
Sto cercando di
semplificare al massimo il meccanismo di apprendimento attraverso le
emozioni per riuscire a trasporre per iscritto quel complicatissimo
procedimento che si apre in un qualsiasi soggetto tutte le volte che
si avvia un “sentire”.
Il primo dato importante
di questo meccanismo è dovuto al fatto che le emozioni hanno un nome
ed una forma di espressione a livello di comunicazione non verbale
(volontaria o meno): lo sbadiglio del cane davanti ad un oggetto,
l'abbaio da eccitazione o da paura, oppure la fuga causata da uno
stimolo avversivo, sono soltanto alcuni degli esempi possibili che mi
vengono in mente in questo momento di comunicazione emotiva.
L'altra componente
fondamentale utile alla realizzazione del processo di apprendimento
attraverso le emozioni è il grado di empatia che un soggetto
instaura con un altro, tanto che possa essere guidato a una
progressiva modificazione dell'espressione outpout del comportamento.
Ciò vuol dire che perchè
ci sia apprendimento razionale emotiva guidato dall'empatia, il
soggetto discente deve essere riferito alla sua guida, altrimenti
l'emozione si aprirà senza però riuscire ad essere agganciata dalla
parte razionale, che deve rimanere molto più lucida e distaccata
dalla circostanza in atto.
Per esempio, succede
anche a noi, che se ci spaventiamo per un fatto improvviso
impieghiamo molto meno tempo di recupero della calma, se al nostro
fianco abbiamo una persona di fiducia alla quale riferirci, che
riesca a rimanere calmo e quindi a trasmettercela empaticamente.
Tale correzione può
essere fissata dall'apprendimento nella memoria e recuperata in base
agli stimoli affrontati nella vita quotidiana.
Goleman ci insegna
infatti che tutti gli apprendimenti fissati nella nostra memoria
attraverso forti impatti emotivi rimangono molto più solidi ed
indelebili che non quelli avvenuti a livello emotivo medio-basso.
Secondo questa teoria e
cercando goffamente di applicarla in cinofilia, dico “goffamente”
perchè è molto empirica la traduzione emotiva che possiamo fare di
un linguaggio non verbale di una specie diversa dalla nostra, la
figura del proprietario diventa centrale, perchè il cane entra
pienamente in dinamica sistemica con la famiglia e di conseguenza con
tutto il suo ambiente di vita.
Il proprietario non è
più soltanto il comandante che impartisce ordini o la balia che
accudisce il cane, ma è un individuo aperto alla relazione e al
confronto con un'identità diversa dalla propria.
Vivere con un cane
significa, secondo la mia prospettiva, superare le proprie difficoltà
individuali, analizzare le proprie carenze ed accettare le divergenze
di necessità per poter assaporare la soddisfazione di una sana
relazione col proprio amico a 4 zampe.