mercoledì 28 settembre 2011

Edouard Glissant: il linguaggio in La Lézarde e Ormerdod

E. Glissant, autore martinicano sul quale ho redato la mia tesi di laurea, diceva che all'interno della lingua si scorgono i veri linguaggi, dai quali possiamo scorgere disegnarsi la nostra identità, cioè quella di ognuno di noi.
Bhè...direi che è tutto piuttosto chiaro...oppure no?
La comunicazione deve rispecchiare l'identità degli interlocutori: le identità entrano in relazione con il trasporto di tutte le esperienze, delle emozioni, dei pensieri, delle differenti caratteristiche...relazionarsi e comunicare è in fondo una delle cose più difficili. 
Bisogna essere abili osservatori per capire chi si ha di fronte, sicuri di se stessi per potersi esporre nell'incontro, disponibili verso l'altro per accettarlo nella diversità, caparbi nel fare tesoro delle esperienze ed onesti nell'espressione della propria emotività.

                                                           IL LINGUAGGIO 

..alors sous la langue ainsi allouée vous devinez de vrais langages, qui se sont amadoués entre eux.244 Una delle principali preoccupazioni di Glissant è di riuscire a rendere sul piano linguistico la nozione di creolizzazione, fondamentale nella definizione della nuova identità, come emerge nei suoi saggi e durante tutte le sue opere.245 
La definizione linguistica del termine viene applicata da Glissant alla poetica della Relazione per indicare il modo secondo il quale le culture dovrebbero amalgamarsi. 
Come egli sostiene attraverso l’espressione linguistica della miscellanea di cui il mondo poetico si colora, l’autore rinnovato nella sua identità, descrive la vera relazione e (…)approche l’imaginaire du monde(…)tramite l’errance (…) dans la poétique de la Relation, l’errant, (…) cherche à connaitre la totalité du monde et sait déjà qu’il ne la connaitra jamais et qu’en cela réside la beauté menacée du monde. 246 
Già nel Le Discours antillais distingue tra lingua e linguaggio, dove questo è il modo in cui ci si accosta alle parole (…)une série structurée et consciente d’attitude face à(…) la langue qu’une collectivité pratique, que cette(…) lingua è l’utilizzo che ogni locutore fa delle parole, poiché(…) la langue crée le rapport247 . 
Nel caso specifico delle Antille, il linguaggio diventa la manifestazione del rapporto istituito tra lingua imposta, ad ogni isola, e la consapevolezza di appartenere tutte ad uno stesso arcipelago, infatti (…)un langage est ainsi apparu dans la Caraïbe, tramant 244 
E.Glissant,Ormerod,op.cit.,p.96 245 in Jacques Chevrier,Poétiques d’Edouard Glissant,actes du colloque international « Poétiques d’Edouard Glissant »Paris-Sorbonne,11-13 mars,textes réunis par J.Chevrier,op.cit.,p.284 246E.Glissant,Poétique de la relation,op.cit.,p.33 247 E.Glissant,Le Discours antillais,op.cit.,p.321 à travers le langues anglaises, françaises, espagnoles, créoles de l’univers de la Caraïbe. 248 
La perdita della lingua madre, a causa dell’imposizione di un’altra, segna l’inizio della prima fase che determina l’alienazione culturale con il conseguente impoverimento della coscienza della propria identità, infatti ormai il creolo (…)est la langue névrotique de la communication entre Martiniquais.249 
Lo scrittore è il primo ad avvertire la frantumazione della propria individualità, in quanto scrivere in una lingua diversa dalla propria significa acquisire una nuova percezione del mondo, vedere e pensare le cose in modo completamente diverso rispetto alla cultura di origine, diventa appunto una trasmutazione dell’identità. 
Glissant risente dell’esigenza di trovare una forma espressiva adatta a rappresentare la sua realtà, dove il significato di realismo, tanto inseguito dalla precedente tradizione romanzesca, è adattato alla situazione martinicana. Non è più l’amalgamarsi di finzione letteraria al mondo quotidiano, ma la materia narrata vuole creare il modo di raccontare a propria immagine, contribuendo alla nascita di un nuovo linguaggio capace di rappresentarle. 
La scrittura deve sganciarsi dalla società colonizzatrice e rispecchiare l’identità dell’autore: Notre lieu, c’est les Antilles et (…)chaque île est une aventure(…)250 La letteratura antillana è consapevole di questo incarico e Glissant è il primo autore ad affermare che per riconoscere la propria identità,distinta da quella francese,bisogna (…)marroner l’écriture traditionnelle et par là faire entendre la parole créole dans l’écriture de langue française(…)251 Poiché (…)écrire n’est pas seulement faire autre chose que parler. C’est aussi parler autrement(…) 252 Glissant recupera il parlare creolo attraverso la lingua francese per costruire nel romanzo un nuovo ordine umano, (…)pour dire le merveilleux de légendes 248 
E.Glissant, Introduction à une poétique du divers,op.cit.,p.42 249Alain Brossat,Daniel Maragnèes,Les Antilles dans l’impasse?des intellectuels antillais s’expliquent…,op.cit.,p.95 250 E.Glissant,Discours antillais,op.cit.,p.249 251Maximilien Laroche,La double scène de la représentation :oraliture et littérature dans la Caraïbe,op.cit.,p.81 252Ralph Ludwig, Ecrire la « parole de nuit »La nouvelle littérature antillaise,op.cit.,p.183 informelles,la parole (…) s’épaissit en équivalent d’un baroque poétique(…) « l’aventure du langage, dont la venue » dit Roland Barthes (…)l’art romanesque se   Glissant recupera il parlare creolo attraverso la lingua francese per costruire nel romanzo un nuovo ordine umano, (…)pour dire le merveilleux de légendes 248E.Glissant, Introduction à une poétique du divers,op.cit.,p.42 
249Alain Brossat,Daniel Maragnèes,Les Antilles dans l’impasse?des intellectuels antillais s’expliquent…,op.cit.,p.95 250 E.Glissant,Discours antillais,op.cit.,p.249 251Maximilien Laroche,La double scène de la représentation :oraliture et littérature dans la Caraïbe,op.cit.,p.81 252Ralph Ludwig,Ecrire la « parole de nuit »La nouvelle littérature antillaise,op.cit.,p.183 informelles,la parole (…) s’épaissit en équivalent d’un baroque poétique(…) « l’aventure du langage, dont la venue » dit Roland Barthes (…)l’art romanesque se sont faits(…) la construction d’un ordre humain253 
L’identità nuova emerge dal recupero dell’oralità del passato creolo, nella quale il narratore è il mediatore della realtà descritta non solo come appare, ma anche per come si vorrebbe che fosse : L’incertitude réside dans le fait que nul ne sait si ce désir repose sur des rêves ou sur des illusions(…)254 
La tradizione dei racconti orali nasce la notte nell’ambiente delle piantagioni ed il narratore riassume in se tutte le voci degli schiavi e delle loro memorie, così che Glissant afferma: Ce que je crois intéressant pour des littératures comme les notes(…) c’est de placet la dialectique de cette oralité et de cette écriture à l’intérieur meme de l’écriture. Pourquoi? Parce que(…) avant d’en arriver à une nouvelle dialectique de l’oralité et de l’écriture,nous devons premièrement récupérer notre oralité,la réfléchir(…) et reprendre tout cela de notre point de vue(…)255 
Glissant intende recuperare il bagaglio culturale tramandato dal narratore, che doveva mantenere una certa ambiguità del linguaggio per sfuggire durante, i suoi racconti,all’attenzione del colono. Il conteur narrava delle storie che erano una metafora della realtà vissuta dagli schiavi e c’est ainsi que la parole du conteur n’est parfois “pas claire” (…)256 perché il suo scopo era di (…) dissimuler son méssage(…)257 all’attenzione del padrone bianco, che non doveva rendersi conto di quello che si comunicavano veramente. Une des dérivées premières de mon travail de production en littérature tourne autour d’un tel souci: come poter rendere (…) le passage d’une littérature orale traditionnelle, tout aussi contrainte(…)258 
 253 Régis Antoine,La littérature franco-antillaise,,op.cit.,p.362 254Maximilien Laroche, La double de la représentation :oraliture et littérature dans la Caraïbe,op.cit.,p.220 255Ralph Ludwig, Ecrire « la parole de nuit » La nouvelle littérature antillaise,op,cit,pp.116-117 256 P.Chamoiseau,R.Confiant,Lettres créoles :tracées antillaises et continentales de la littérature :Haïti,Guadeloupe,Martinique,Guyane,1635-1975,op.cit.,p.59 257 ibid.,p.59 258 E.Glissant,Le Discours antillais,op.cit.,p.256 
Non si tratta di una semplice questione di trasposizione del messaggio orale, la letteratura non è una forma meccanica di trascrizione del bagaglio culturale orale, gelosamente custodito nella memoria degli anziani, alla forma scritta. Si parla spesso di passaggio da una cultura di tipo orale ad una scritta, quando sarebbe più conveniente riconoscere la trasformazione dell’oralità ad esigenze scritturali, che rendono indispensabili l’adattamento della pratica orale ad una lingua scritta e la capacità di scrivere. Si supera la distinzione tra scritto ed orale, creando un continuum tra loro, perché la metamorfosi accompagna la forma orale verso quella scritta. 
L’analogia tra le due risiede nel fatto che l’una è il rovescio dell’altra. 
Sulla base di queste considerazioni, secondo Glissant (…) il s’agira entre autres de défaire l’écriture de son mandat de souveraineté par rapport à l’oralité(…)259
Il vocabolario usato da Glissant tenta di rendersi autonomo rispetto alla lingua francese ed utilizza delle serie lessicali che non sono inventariate nei dizionari, risultando alle volte difficoltoso proprio per rappresentare le influenze della sua seconda lingua260 e per sottolineare la ricchezza della lingua orale, (…)l’emploi de la langue française(…) doit s’accompagner perpétuellement d’une réflexion sur les limites,les nécessités(…) je fais un effort de destructuration de la langue française.261 La struttura mostra(…) des réflexes d’expression qui relèvent de l’oralité (des manières orales de rendre compte du réel) et des réflexes syntaxiques “donnés” par la langue qui nous écrivons(…)262 , risultando alle volte difficoltoso volontariamente per rendere la sensazione dell’influenza creola nella scrittura e sottolinerarne la ricchezza espressiva. Glissant elabora un vasto laboratorio delle componenti possibili della lingua sfruttata in tutte le varianti, i cui limiti sono dettati solamente dalla comprensibilità dei testi. 
 259 ibid.,p.322 260C.Biondi,C.Fratta,M.Marchetti,P.Oppici,E.Pessini,L.Pestre de Almeida,E.Restori,Du pays au tout monde écritures d’Edouard Glissant, op.cit.,p.128 261Alain Brossat,Daniel Maragnès,Les Antilles dans l’ impasse?des intellectuels antillais s’expliquent,op.cit.,p.100 262 E.Glissant,Le Discours antillais,op.cit.,p.262 
Costruisce una letteratura impregnata della sua collettività ed animata dalla dialettica di lingua/cultura/identità, per rendere l’ambiguità della situazione nella quale si trova inserito, costituita dalla multi culturalità etnice tipica delle zone raggiunte dalla colonizzazione.263 
Questa esigenza lo spinge a ricorrere a diversi artifici,come l’integrazione di parole straniere, la creazione lessicale e la traduzione simultanea,per esempio (…)une caimite(…), cioè “cayalis”, indica che il testo è stato scritto per qualcuno che non è creolofono264. Un’espressione tipica creola è inserita in traduzione: po’ou ni dé fok o uni ione, comme nous disons chez nous265 
Un uso particolare del linguaggio di questi romanzi che, se pur in lingua francese, manifestano la natura francofona di Glissant, nella creazione di una parola che trascende i propri limiti entrando in relazione con tutti gli altri linguaggi partecipi della sua cultura. 
Dimostrazione della completa fedeltà all’idea di una identità-relazione, assiduamente sostenuta durante tutte le sue creazioni, Glissant unisce la sapienza della tradizione francese a una giocosa creolizzazione della sintassi, dando vita a una lingua nuova che non è ne puro francese, ne tanto meno creolo. 
La volontà di esprimere la propria identità attraverso la scrittura emerge già da La Lézarde anche se l’ attenzione è circoscritta alla ricerca storica delle proprie radici e della propria memoria in quanto popolo e dove il linguaggio ha il sapore di un francese più “scolastico”, perché tecnicamente curato nel dettaglio formale. 
L’articolazione laboriosa dell’ espressione appare quasi troppo meccanica, tuttavia riesce ad esprimere l’intenzione da parte di Glissant di riconquistare la parola dell’oralità del passato. 
Recupera, attraverso un lirismo barocco,immagini e simboli che lo slegano da ogni folklorismo o pindarismo che tanto caratterizza i romanzi della letteratura del 263 Lise Gauvin,L’écrivain francophone à la croisée des langues:entretiens,op.cit.,p.197 264 E.Glissant,La Lézarde,op.cit.,p53 265 ibid.,p.76 meraviglioso, intesa come le descrizioni paradisiache che emergono dallo stile narrativo di stampo più occidentale. 
Infatti, l’espressività barocca è quella che nel modo migliore rende luce alla poetica della Relazione, la quale si compone di tutti gli elementi, nell’accettazione dell’uno e del suo contrario, senza limitazioni (…) le baroque c’est l’étendue(…)c’est-à-dire le renoncement à la prétention de la profondeur (…)c’est la démesure du monde. Et la prétention est de rendre par le souffle originel la démesure du monde(…) et la démesure de la démesure(…), rappresenta la situazione dell’attuale letteratura francofona, che esprime (…)la démesure du Tout-monde.266 
Il nuovo linguaggio deve essere in grado di trasporre in letteratura il nuovo punto di vista della creolizzazione, nata dalla teoria dell’identità-relazione, perché per Glissant la scrittura è il segno dell’unicità di un popolo. 
Quindi estetica e linguaggio devono soddisfare le esigenze di un ambiente e rendere tutto il materiale partecipe della creolizzazione, formando nella scrittura una sorta di simbiosi ontologica dove tutte le lingue si congiungono senza per questo annullarsi l’una nell’altra. 
L’estetica si trasforma sotto la guida di Glissant, da un sistema rigido di canoni di stampo occidentale, ad uno più liberato ed adatto ad esprimere i multiformi aspetti della realtà creola. 
Il compito dello scrittore è di parlare e di scrivere en présence de toutes les langues du monde(...)267 anche se conosce solo la propria. Così come il traduttore, che (…)invente un langage nécessaire d’une langue à l’autre(…), anche (…)le poète invente un langage dans sa propre langue. 
Une langue nécessaire d’une langue à l’autre, un langage commun aux deux, mais en quelque sorte imprévisible par rapport à chacune d’elles.26 (...) continua al link della mia tesi di laurea

martedì 13 settembre 2011

Approccio cognitivo e non solo cani

Oggi sono andata a prendere il mio piccolino alla scuola dell'infanzia e la maestra mi ha fatto i complimenti perchè dice che "i tuoi bambini sembrano finti: sicuri, esplorativi, curiosi e sereni..." 
Dentro di me è scattato subito qualcosa: ho pensato alla mia formazione.
Purtroppo sembra quasi un segreto.
Non si può dire a tutti liberamente che gran parte dell'educazione data ai miei bambini viene dalle conoscenze che ho acquisito al corso educatori cinofili! 
Per la stra-grande maggioranza della gente attingere conoscenze dal mondo degli animali ed applicarle ai bambini è più o meno un'eresia da Santa Inquisizione!
E allora ho imparato a dirlo solo a me stessa e alle persone che condividono insieme a me questa esperienza.
Oggi vorrei ringraziare Chi qualche anno fa ascoltò le mie paure, le mie insicurezze e finalmente le accolse, senza giudicarle e mi prese per mano guidandomi nell'alterità del mondo animale, aprendomi invece alla scoperta di me stessa.
Ricordo come se fosse oggi la nostra conversazione telefonica: chiamavo all'epoca per l'iscrizione al corso educatori e senza riserva Le espressi le mie paure di madre di dover lasciare la mia bambina appena nata per stare fuori casa i week end necessari alla formazione.
Ricordo esattamente che cosa mi disse:
"Questo tipo di corsi sono uno stile di vita, non sono solo legati alla cinofilia, ma potranno esserti di grande aiuto anche a capire tua figlia."
Credo che quella telefonata fosse l'inizio del processo di cambiamento che si è attuato successivamente e che ora sta trovando il suo indirizzo...
Finalmente ho trovato parte delle risposte che stavo cercando da tempo e so che su questa strada troverò le risposte che ancora non conosco.
Per me conoscere l'approccio cognitivo è stato come se mi avessero dato in mano una lente di ingrandimento per guardare nuovamente la realtà e vederla nel suo insieme, riuscire a inquadrare varie prospettive, osservare sfumature impercettibili, vedere i chiari/scuri e finalmente vedere tutte le forme diverse....
Diventare istruttore cinofilo non è stato solamente un percorso professionale, ma ho dovuto guardarmi dentro, scoprire lati di me stessa da tempo dimenticati, confinati e repressi; ho dato un senso a quello che sentivo ma che non sapevo descrivere.
Ecco perchè oggi la maestra mi ha fatto i complimenti per come "sono" i miei bambini: perchè a loro ho tutto questo mondo da trasmettere.
Ecco perchè tutte le volte che provo questa sensazione piacevole ringrazio chi mi ha dato l' opportunità di comprendere tutto ciò.